domenica 7 luglio 2013

TANTO VA LA GATTA AL LARDO CHE CI LASCIA LO ZAMPINO!!



"...tanto va la gatta al lardo...che ci lascia lo zampino!..."
Eh sì, nessuna altra espressione può descrivere così bene il rischio di fare cose al di sopra delle evidenti possibilità senza rischiare o, peggio ancora, subire nefaste conseguenze!

La nostra insaziabile sete (nello stretto, vero e proprio, senso del termine) di birra, di produrre e sperimentare ci ha portato a tentare l’impossibile.
Da buoni giovani bradipizzati (termine di cui la generazione “ vanta”, ingiustamente, il vessillo), nostro obiettivo ufficiale diventa quello di massimizzare i nostri sforzi!
Decidiamo di portare all’estremo le possibilità del nostro piccolo impianto di produzione; non produrre i canonici 22-23 litri per cotta ma sfruttare ogni millimetro quadrato del volume dei fermentatori e spingerci sino alla soglia dei 27-28 litri!!


Risultato?

Come nelle storie più belle…. Ahimé, un disastro!

L’occasione è stata quella della produzione del secondo lotto di Weizen dello scorso 4 maggio.
Rimodulata, adattata alle più elevate quantità (con non poche difficoltà) la ricetta precedentemente sperimentata per un’altra produzione di birra nello stesso stile –sfruttando, da buoni mastri birrai, il lievito già attivato e raccolto sul fondo di un altro tino di prodotto al frumento-, rimaniamo stupiti del fatto che né in cottura, né in bollitura come neanche in raffreddamento troviamo evidenti problemi. “E’ fatta! Possiamo tranquillamente avere più elevate ambizioni di produzione!”; questo ciò che abbiamo pensato con il sorriso stampato sulle labbra sino alla verifica della’avvenuto start della fermentazione.
Lo scenario che si è presentato al momento di questa verifica (la mattina del giorno dopo) è stato catastrofico!

La fermentazione era partita......… sì.......… TROPPO!


 
Lo sperato, confortevole, piacevole rumore del gorgogliatore che mi aspettavo di sentire all’ingresso del  “bunker”  ha lasciato in un attimo spazio allo stupore ed all’incredulità per ciò che mi si è presentato davanti agli occhi!
Una vera e propria esplosione di lievito fuoriuscito dal tino!
Una eruzione in grande stile!
Degna dei più catastrofici film hollywoodiani!



Ca…o! Troppo piccolo questo cavolo di fermentatore!”Ho pensato nel momento.

No, troppo ingordi noi!Mi sono corretto subito dopo (pensando che il piccolo secchio di plastica, poveretto, poteva avere come sua unica colpa, se di colpa si può parlare, quella di esser malauguratamente finito sotto le nostre grinfie!)

Il tappo del contenitore non sembrava essere diventato altro che un invitante, irrinunciabile, banchetto per batteri e aggressivi lieviti selvaggi!

Coscienti del fatto che oramai la ” frittata era fatta” decidiamo comunque di provare a portare a termine la fermentazione.

Dopo aver, delicatamente e con strumenti sanitizzati, pulito tutto il fuoriuscito rinviamo eventuali altre valutazioni al momento dell’imbottigliamento; cosa che facciamo come da programma due settimane dopo.

Nel tempo intercorso tra la brutta scoperta e l’imbottigliamento, un po’ per sdrammatizzare ed un po’ per divertimento, decidiamo di battezzare la birra con un nome che facesse riferimento all’accaduto. Anche se le etichette erano già pronte – con su scritto semplicemente “Weizen”- mettiamo quindi ai voti 3 scelte (con il pensiero che una qualche giustizia divina, presa coscienza della nostra buona volontà e disponibilità anche a buttar via etichette e lavoro già fatto, ci aiutasse nel fare il miracolo di recuperare l’irrecuperabile) .
 Ecco i nomi candidati:
  • Eyjafjöll (nome del vulcano islandese che nel 2010 bloccò il traffico aereo di mezza Europa!!),
  • Krakatoa (nome di uno dei più famosi vulcani indonesiani, ritenuto uno dei più potenti al mondo)
  • 9IEV (IEV indica l’Indice di esplosività vulcanica  -in inglese Volcanic Explosivity Index (VEI)-, in base al suo grado definisce la violenza di una eruzione; la scala ha come massimo valore il 9 "Fish Canyon", eruzione "mega-colossale", storicamente accaduta –forse- una sola volta circa 27 milioni di anni fa.).

 
 
 
Arriviamo quindi a Sabato 29 Giugno.
Come dei trepidanti atleti che ai blocchi di partenza “bruciano” lo sparo del via, decidiamo di anticipare i tempi previsti per assaggio e verifica della maturazione.
Passate infatti appena 6-7 settimane, come sempre all’occasione di una nuova brasatura -nel caso specifico di una bionda belga-, assaggiamo.
Al momento dell’apertura della bottiglia non abbiamo brutte sorprese (diversi tipi di infezioni si manifestano anche con la pazza fuoriuscita della birra al momento della depressione dovuta alla stappatura).
 
Primo giudizio visivo ed olfattivo:
Colore ok;
Schiuma ok;
Carbonazione visiva ok;
Non sono presenti sgradevoli odori;
 
 “…Ma stai a vedere che…”(abbiamo tutti pensato dentro di noi, non facendone però scaramanticamente parola)
 
 
All’assaggio:
Sapore: difficile descrivere, immediatamente un sapore floreale, di fiori (ma non nel senso piacevole del termine!),  subito dopo acido (un sapore simile allo yogurt, sì ma andato a male!)!
Corpo: per quel poco che abbiamo avuto modo di sentire (prima di svuotare la bottiglia giù per la grata delle fogne), inesistente.
Così sono svanite tutte le nostre speranze di poter recuperare il prodotto (anche a totale conferma che,  in quanto a dimostrazioni di esistenza, le divine giustizie ne hanno ancora di strada da fare…).
 
 

 

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